Il disastro di massa del 3 ottobre 2013 a Lampedusa

Why Lampedusa remains an island of hope for migrants | World news ...

Il 3 ottobre 2013 un barcone carico di migranti era giunto, di notte, in vista della costa di Lampedusa. Qualcuno a bordo accese uno straccio per chiamare soccorsi, ma il fuoco diventò un incendio, e il panico che ne sortì causò il rovesciamento e l’affondamento quasi istantaneo dell’imbarcazione. Un breve “speciale” dell’ANSA a cinque anni dalla tragedia si trova qui.

La notizia del disastro esplose sui media italiani e internazionali, e mostrò al mondo la dimensione epocale dell’ecatombe che avveniva silenziosamente e quotidianamente nel Mediterraneo (forse ora che un altro tipo di ecatombe ci colpisce direttamente sentiamo quelle persone un po’ più vicine). Una task force della Polizia Scientifica fu inviata sull’isola, e riuscì a raccogliere un minimo di documentazione di tutti i corpi recuperati, incluso il campionamento biologico per l’analisi del DNA. Negli anni successivi il governo italiano costruì un complesso meccanismo volto all’identificazione, fra tutti quei morti, del (o dei) famigliari che i loro congiunti, sparsi in Europa, ritenevano fossero a bordo e non avevano dato più notizia di sè (gli “Scomparsi”).

La Dr.ssa Barbara Bertoglio, Assegnista presso il Laboratorio di Antropologia ed Odontologia Forense dell’Università di Milano (LABANOF), ha partecipato al gruppo di lavoro scientifico che fu costruito fra le università di Milano, Pavia e Pisa e si occupò della ricerca e dell’identificazione degli Scomparsi fra le vittime del disastro, in particolare di quella basata sul DNA. Mi ha mandato un contributo di cui la ringrazio e pubblico qui di seguito.

L’applicazione della genetica forense ai disastri di massa

I disastri di massa sono eventi inattesi che causano la morte di molte persone. Ne sono un esempio i numerosi naufragi avvenuti nel Mar Mediterraneo negli ultimi anni. Si tratta di disastri di massa definiti “aperti”, in quanto non si hanno informazioni in merito ai passeggeri, a differenza di quanto avviene, ad esempio, nei disastri aerei.

In tali situazioni la genetica forense contribuisce all’identificazione delle vittime, collaborando con altre discipline, quali la medicina legale, l’antropologia e l’odontologia forense.

Ciò è reso possibile dal confronto dei profili genetici delle vittime con quelli dei presunti parenti che ne denunciano la scomparsa. In pratica, il metodo utilizzato nelle indagini di paternità (descritto nel capitolo ottavo del libro) viene applicato in un contesto più ampio, dove il confronto non è più 1 vs 1, ma 1 vs molti (un presunto parente vs molte vittime), al fine di individuare a quale vittima corrisponda la persona cercata. Poiché risulta complesso eseguire tutti i calcoli manualmente, esistono software che aiutano nelle analisi, uno dei quali, liberamente disponibile, è “FAMILIAS”.

Negli ultimi anni la genetica forense sta fornendo il proprio contributo nell’identificazione dei migranti. Il primo studio effettuato riguarda uno dei più grandi naufragi verificatisi nel Mar Mediterraneo, il naufragio avvenuto il 3 Ottobre 2013 a poche miglia dalle coste di Lampedusa. Il numero totale dei corpi recuperati ammonta a 366, ma non si conosce ancora il numero esatto delle vittime.

Le indagini sono coordinate dall’Ufficio del Governo del Commissario Straordinario per le Persone Scomparse che, insieme al laboratorio LABANOF (Laboratorio di Antropologia e Odontologia Forense) dell’Università degli Studi di Milano, sta cercando di restituire un’identità alle vittime del Mediterraneo. A tale scopo, è stato creato un database contenente le informazioni raccolte dalle vittime durante la fase di ispezione dei corpi svolta dalla Polizia Scientifica di Palermo, inclusi i profili genetici, al fine di confrontarle con quelle dei presunti parenti. A differenza di altri disastri, quali i disastri aerei, non avendo in questo caso a disposizione una lista passeggeri, risulta difficile contattare direttamente i familiari, che si potrebbero trovare in qualsiasi paese d’Europa e del mondo. Per questo motivo, è stata lanciata una call internazionale e, grazie al lavoro svolto in collaborazione con Organizzazioni Umanitarie, Croce Rossa Italiana (CRI), Croce Rossa Svizzera (CRS) e Internazionale (ICRC), è stato possibile rintracciare finora i parenti di 53 persone presumibilmente scomparse il 3 Ottobre 2013.

Dal punto di vista genetico, lo scenario è complesso. Generalmente sono disponibili campioni genetici di un solo parente per ciascuna persona scomparsa, solitamente genitori/figli o fratelli, ma a volte solo parenti di secondo grado, mentre le linee guida richiederebbero più campioni di parenti di primo grado per la stessa persona scomparsa al fine di confermare l’identificazione. In aggiunta, sono pochi i dati genetici relativi alle popolazioni di origine delle vittime, utili per dare un peso ai riscontri individuati.

Tenendo conto delle difficoltà, il Laboratorio di Genetica Forense dell’Università degli Studi di Pavia in collaborazione con l’Università di Pisa ha definito una procedura genetico-statistica volta a cercare le possibili parentele biologiche all’interno del gruppo delle vittime e tra le vittime e i presunti parenti, entrambi tipizzati per gli stessi 16 marcatori autosomici (STR). I casi che avessero fornito esiti dubbi sarebbero stati sottoposti ad ulteriori indagini genetiche ampliando il numero di marcatori (21 STRs totali), includendo anche quelli localizzati sul cromosoma Y e il DNA mitocondriale.

L’approccio adottato per le vittime del 3 Ottobre 2013 ha permesso di identificare in totale 32 vittime su 41 persone dichiarate scomparse e per le quali era disponibile un campione genetico del parente di confronto (78%). Tali risultati hanno confermato l’affidabilità dell’approccio utilizzato e che anche in disastri complessi come quello di Lampedusa è possibile identificare le vittime.

Attualmente, lo stesso approccio è applicato anche ad altri disastri avvenuti nel Mar Mediterraneo, quale quello del 18 Aprile 2015 avvenuto nei pressi delle coste libiche e oggi ricordato come il naufragio più devastante per il numero di vittime (stimato a circa 800-900 persone). Le operazioni di recupero svoltesi a Luglio 2016, grazie a un’imponente operazione sostenuta dal Governo Italiano e che ha visto coinvolti la Marina Militare Italiana, la Croce Rossa Italiana, i Vigili del Fuoco e diverse Università italiane coordinate dall’Università degli Studi di Milano, hanno permesso di recuperare 528 corpi e numerosi resti commisti. Attualmente sono in corso indagini approfondite sulle vittime e la raccolta dei dati dai presunti parenti al fine di identificare queste persone (v. ad es. l’articolo su Le Scienze).

La base metodologica e i risultati delle analisi sono stati pubblicati in particolare nei seguenti articoli scientifici:

Olivieri L, Mazzarelli D, Bertoglio B, De Angelis D, Previderè C, Grignani P, Cappella A, Presciuttini S, Bertuglia C, Di Simone P, Polizzi N, Iadicicco A, Piscitelli V, Cattaneo C. (2018) Challenges in the identification of dead migrants in the Mediterranean: The case study of the Lampedusa shipwreck of October 3rd 2013. Forensic Sci Int. 285:121-128. DOI: 10.1016/j.forsciint.2018.01.029

Bertoglio B, Grignani P, Di Simone P, Polizzi N, De Angelis D, Cattaneo C, Iadicicco A, Fattorini P, Presciuttini S, Previderè C. Disaster victim identification by kinship analysis: the Lampedusa October 3rd, 2013 shipwreck. (2020) Forensic Sci Int Genet. 44:102156. DOI:https://doi.org/10.1016/j.fsigen.2019.102156

Per chi volesse approfondire, è disponibile il libro della prof.ssa Cristina Cattaneo o i gli articoli di Repubblica, Il Foglio e Internazionale


Un commento su “Il disastro di massa del 3 ottobre 2013 a Lampedusa”

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